Ve li ricordate gli Himba?
Quella popolazione di cui si vedono solo foto della parte femminile, rosse più che nere, con i capelli decisamente punk e un abbigliamento fatto più di collane, braccialetti, cavigliere e pezze che vestiti veri e propri.
Si quelle con le tette cadenti, grande affare per tutte e tutti sono stati i reggiseni. Bene, il programma prevedeva una visita con guida Himba ad un loro villaggio a scoprire le loro abitudini e usanze.
Già il fatto mi perplimeva assai, arrivato sul posto m’ha perplesso ancora di più. Tocca aspettare che i giappo abbiano finito la visita per iniziarla, già non mi piaceva giocare a Levi Strauss, no, non quello dei Jeans, che mi spazientisco anche più e mi imbarazzo pure.
Decidiamo di avvicinarci per cercare la guida, bisogna pure fare attenzione che pare che tocchi entrare da una parte particolare per andare al villaggio. Quindi prudenti ci si avvicina e si incrociano i giappo che dicono che “è troppo figo, è troppo interessante” vabbè sono giappo. Niente contro di loro anzi ma magari ci volevano proprio andare a ficcare il naso dentro le capanne di questa gente. Iniziamo dall’angolo mercatino, eh, si spalmano la terra rossa con il burro di non ho capito cosa, però la prima cosa che ti mostrano è il mercatino di perline e collanine varie. A parte cavigliere, copricapo fatti di pelli di capra e grosse collane tutte però impiastricciate di questa terra rossa che ti macchia senza pietà non c’è niente di interessante.
Ci avviciniamo a un gruppo di quattro donne, tra l’altro sono solo donne visto che i mariti sono a lavorare nei campi, e l’interprete guida comincia a chiederci di fare domande. Ma che domande ti devo fare? Non sono un antropologo, mi pare di star ficcando il naso nella vita di qualcuno e poi andarmene cosi …. e poi ma io e gli himba che cazzo se dovemo raccontà? (cit.)
Le quattro manco ci guardano, si fanno tranquillamente gli affari loro, continuano a tessere collanine e bamboline. Mia sorella parte de iPhone e scatta foto, abituata ai Masai non si fa troppi problemi.
La prima domanda che mi viene è: “Chi è il parrucchiere?”, “Ma sono capelli veri?”, “Ah, si mettono le extension? Pure loro?”.
La guida mi sta un po’ sul cazzo perchè non vuole che le donne parlino direttamente a noi, tra l’altro sono una parla e capisce inglese ed è pure simpatica. Mia sorella, da buona Kenya Cowgirl, s’era preparata pane e burro che riscuote un successo straordinario, si ride e mangiano …. vabbè è finita a tarallucci e vino e siamo contenti cosi.
Qualche parola himba comunque l’abbiamo imparata: “Opueba” = Arrivederci, “Perivi” = Come stai?, “Okuepa” = Grazie
Nel pomeriggio arriviamo a Tweelfontaine dopo aver attraversato il Namib desert. Il caldo secco mi obbliga a mettere il burro cacao. Eh so delicato. A Tweelfontaine ci sono incisioni rupestri di 20mila anni fa. Prima di arrivarci passiamo per il fiume in secca Aba Uhab dove possono avvistarsi i “River Desert Elephants”.